I vini naturali di Sicilia
Vignaioli innamorati del loro territorio- Elena Cicardo
- 24 settembre 2024
È un viaggio poetico e divertente quello che si può fare attraverso i vini naturali in Sicilia. Si scopre un’isola inedita, un po’ folle, vibrante, proprio come quei vini a volte imperfetti ma estremamente interessanti, eccentrici e rivoluzionari che, finalmente, cominciano a essere guardati con crescente curiosità e rispetto.
Per comprenderne la carica eversiva, dobbiamo fare un piccolo passo indietro e pensare i vini naturali come una reazione “politica” alla viticultura industriale che, a partire dagli anni ‘60, ha reso il suolo sempre più povero e avvelenato, e ha omologato il vino.
La storia più citata sulla loro nascita ci porta nel Beaujolais, in Francia, dove alla fine degli anni ‘70 alcuni vignaioli, seguendo l’esempio dello scienziato e produttore Jules Chauvet, iniziarono a produrre vino a partire da un’agricoltura biologica, escludendo sostanze chimiche di sintesi, ritrovando l’unicità di ogni territorio e influenzando produttori di altre regioni e poi di altri Paesi.
I vignaioli naturali si ribellano ai canoni imposti dal mercato e dagli esperti, rifiutano la logica della produttività a ogni costo e la manipolazione del vino, trattano le vigne solo con rame e zolfo, rispettandone la biodiversità, vendemmiano a mano e in cantina accompagnano l’uva nella sua spontanea evoluzione, senza intervenire con additivi o trattamenti.
In Sicilia questi “rivoluzionari del vino” sono spesso millennials, innamorati del loro territorio e sensibili alla crisi climatica. Molti sono giovani siciliani di ritorno che sanno sulla loro pelle cosa significa pensare il sud fuori da ogni stereotipo, averne una visione.
Coltivano i loro desideri a partire da pochi ettari in contrade sperdute in mezzo a strade dissestate, sperimentando e interpretando vitigni autoctoni in modo nuovo e intelligente, valorizzandone le radici fuori da denominazioni e disciplinari obsoleti, recuperando vigne che rischiavano di andare perse e tecniche di vinificazione quasi scomparse.
I loro vini sono forse più torbidi di quelli che rispettano il gusto standard, con acidità più spiccate, lievi ossidazioni e sentori più selvaggi ma sono davvero espressione del territorio, parlano del suolo e del clima, e soprattutto parlano di loro e delle loro storie.
Dalle pendici dell’Etna fino a Marsala, scoprirli significa conoscere incredibili artigiani, custodi ciascuno di un piccolo angolo dell’isola. Dalle loro, poche, bottiglie, dai nomi strani scritti su etichette bellissime - se non con l’uniposca direttamente sulle bottiglie stesse - si capisce che sono vini fatti da gente che si diverte a produrli, da scovare in una costellazione di piccoli ristoranti ed enoteche che non fanno granché per essere notati e proprio per questo finiscono per esserlo sempre di più.
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