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I dolci conventuali: dalle Badie alle Pasticcerie
- Fabio Pace
- 7 maggio 2022
I dolci conventuali sono entrati nella tradizione siciliana fino a influenzarne cultura e antropologia. «Li cosi duci di li batii» (in italiano: I dolci delle badie) è una poesia di Giovanni Meli, scritta nella seconda metà del ‘700, citata un secolo dopo dall'antropologo palermitano Giuseppe Pitrè a testimoniare la tradizione, diffusa in tutta la Sicilia, della produzione dolciaria nei conventi. In linea generale i dolci conventuali, in tutta l'isola, hanno come ingredienti base lo zucchero (di cui la Sicilia fra ‘600 e ‘700 fu prima produttrice in Italia).
Prima dello zucchero
Oggi è scontato che in un dolce vi sia lo zucchero. Quattrocento anni fa non era così. La dolcificazione era affidata a farina di carrube e miele. Lo zucchero era privilegio delle famiglie facoltose. La gran parte delle suore pasticciere avevano origini nobili (rinchiuse nei conventi a forza, in funzione delle leggi di maggiorascato vive in Sicilia fin oltre la fine del ‘700, che volevano le figlie cadette suore ed i maschi prelati, non di clausura, o militari).
I dolci conventuali erano riservati, per il loro consumo a prelati e vescovi, confessori, medici, notai e professionisti con i quale le suore, nonostante la clausura, venivano in contatto. Le suore contraccambiavano così, in maniera elegante e significativa, favori e servizi ricevuti. Solo in tempi relativamente recenti, un centinaio d’anni e poco più, la produzione conventuale è approdata fuori dalle sacre mura.
I segreti delle suore
I dolci conventuali per eccellenza, nell’hinterland trapanese, sono quelli di Monte San Giuliano, così si chiamava in antichità Erice, che non sfugge a questa secolare sapienza culinaria che, nell’immaginario collettivo, è fatta di segreti tramandati oralmente dalle badesse alle giovani novizie.
In realtà con il mutare della società, la produzione dolciaria dei monasteri femminili, diventa anche attività commerciale, circoscritta certamente entro certi limiti, ma abbastanza sufficiente da far cambiare l’organizzazione interna dei conventi.
Le madri badesse oltre a seguire il reperimento delle materie prime e selezionare i fornitori, favoriscono l’ingresso nel convento delle converse - le cosidette suore laiche - sempre più necessarie nelle cucine dei monasteri per far fronte al “lavoro pesante”. Sono proprio le converse a portare all'esterno le ricette dei dolci conventuali.
Le ricette escono dai conventi
Ad Erice le suore del convento di San Carlo vendevano i tipici “mustazzoli” fino ai primi anni ‘80. Alcune delle migliori pasticcere ericine erano converse (Maria Grammatico fu fra queste), ed hanno condotto con successo, e rigore, rinomati laboratori, oggi ancora in attività. Tra i dolci conventuali ericini ci sono le “genovesi”, il cui segreto è nel ripieno di crema, i svariati dolci di mandorla, i “mustazzoli” aromatizzati con chiodi di garofano, e la loro variante morbida al miele, i guelfi, ed i dolci di “riposto” (dove riposto è termine dialettale per dispensa) così chiamati perché si potevano a lungo conservare.
Il liquore ericino
Da gustare, assolutamente, l’Ericino, liquore dolce derivato da erbe ed essenze, dal brillante colore verde. Inventato da un intraprendente imprenditore locale, alla maniera dei numerosi cent’erbe diffusi in tutto il Paese, l’ericino si può ascrivere alla grande tradizione liquoristica italiana degli anni ‘50 e ‘60. Oggi è venduto con altri denominazioni commerciali anche se nell’hinterland il prodotto viene comunemente ancora chiamato “ericino.”
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