Marsala: un'anima di terra e una di e mare

La doppia anima della gastronomia lilybetana

Il sole, al tramonto, colora di rosso lo Stagnone, la grande laguna. È sabato, un contadino, appena sceso dal trattore, si avvia verso un piccolo scaro, uno dei tanti moli che da secoli costellano la costa tra la foce del Birgi e Marsala. Quel contadino coltiva vigne e pomodori, aglio e cipolle a ridosso delle dune di sabbia finissima che proteggono i campi. Un mulino a vento spinge l’acqua del pozzo nei filari che corrono paralleli alla battigia. L’acqua di quel pozzo è un po’ salmastra, ma i frutti della terra non sembrano risentirne, anzi la salsedine sembra “insaporirli”.

E poi di acqua ne serve davvero poca a quei pomodori, a quelle cipolle, a quelle vigne. Il contadino coltiva, come prima di lui hanno fatto suo padre e suo nonno e tutti i suoi antenati, sementi selezionate da secoli; viti che da millenni prosperano con pochissima acqua, anche salmastra. Siccagne, le chiama il contadino, un’altra benedizione di questa terra di confine.

Marsala: un'anima di terra e una di e mare - 1

Sono le viti che danno vita al Marsala. Arrivato al piccolo molo il contadino monta su una lancia a remi e allontanatosi di qualche centinaio di metri dalla costa comincia a calare i tramagli nella pescosissima laguna dove sembra che tutti i pesci del mare vengano a riprodursi. Dove il pesce sembra non finire mai. Dove pescare è facile.

Domani è domenica, all’alba salperà le reti, porterà a casa il pescato, triglie, saraghi, seppie, sogliole, poca roba giusta quella che serve al pasto domenicale e poi tornerà ai suoi campi.

Il contadino, quando è stagione, andrà a “coltivare” le tante saline che costellano la costa, ed in inverno andrà a pescare nelle fredde, i vasi delle saline a contatto diretto col mare, le spigole ed i cefali e le anguille che serviranno per la cena di Natale.

Marsala: un'anima di terra e una di e mare - 2

Nelle notti di gennaio, quando le basse maree chiuderanno per settimane la bocca nord della laguna ed il mare sarà assolutamente calmo, a specchio, quel contadino andrà a lampiare: in piedi sulla piccola lancia scruterà il mare alla luce di un lume a petrolio e armato di una lunga fiocina insidierà seppie e polpi e le grosse spigole venute a banchettare.

Oggi vedere un contadino che cala le reti nelle acque dello Stagnone o che arpioni la notte spigole o seppie è impossibile, perché la laguna è un’area protetta ed il pesce di salina è diventato una rarità, ma il rapporto strettissimo del contadino marsalese col mare rimane tutto e si evidenzia nella gastronomia di questo tratto di costa dove il pesce è cucinato al ragù come se fosse carne, dove la ghiotta du cuscusu di pisci, la zuppa per il couscous di pesce è rossa come un ragù, le boghe, le sarde o gli sgombri sono preparati ripieni come fossero involtini e poi cucinati… a ragù, ed uno dei piatti più tipici è il ragù di gronco, un pesce pescato in abbondanza proprio a ridosso di Isola Lunga che divide lo Stagone dal mare aperto.

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Ovviamente con questi ragù di pesce ci si condisce la pasta, magari busiate o gnocculi cavati, tipiche del territorio, insaporite comunque con l’agghia e muddrica, un surrogato del cacio sui maccheroni: si sbriciola della mollica di pane raffermo in granellini finissimi e si condisce con aglio pestato, olio di frantoio e prezzemolo.

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