Sezione vuota
Segesta: archeologia di un mistero
I dubbi della storia sedimentati sulle rovine- Alessandra Caputo
- 26 maggio 2021
A Segesta la storia sfuma nella leggenda restituendo la memoria di qualcosa che forse è esistito, o forse no. Chi erano gli Elimi? Turchi, Greci o Italici? Ancora oggi, Segesta rimane immersa in una nube di mistero e incertezza. Il sito archeologico obbliga alla sosta e invita alla riflessione. Ne rimase folgorato Goethe: "il mistero millenario di un manufatto che diventa esso stesso natura", lo definì nei suoi appunti di viaggio.
A Maupassant sembrò di entrare in contatto con qualcosa di mistico descrisse il Tempio: "frutto di una scienza profonda e raffinata e, ancora una volta, divinamente bello". Un secolo più tardi, Alberto Moravia: "con gli occhi rivolti a terra e il sangue invaso da un fitto benessere, che mi pareva emanare dal luogo: finalmente levai lo sguardo e mi accorsi allora che ero sotto il tempio". IL TEMPIO DORICO Segesta, l’antica città elima, paradigma di una preistorica civiltà mediterranea, sembra ringiovanire ogni giorno di più di fronte allo spettatore; promessa, puntualmente mantenuta nel tempo, pagina dopo pagina. Segesta venne fondata dagli Elimi tra il II e il I millennio a. C . affermandosi tuttavia, come soggetto politico e culturale, soltanto nell’VIII sec. a.C. Il tempio dorico, rimasto del tutto intatto, testimonia la prosperità dell’antica città di Segesta, risalente al V secolo a. C., e risulta esemplare per il suo stato di conservazione che, ancora oggi, consente di ammirarlo in tutta la sua suggestiva e leggiadra armonia.
Rispetto ad altri templi costruiti sul modello ellenico, il tempio di Segesta è unico nel suo genere. Nonostante, infatti, ci sia pervenuto integro, esso risulta privo dell’usuale copertura e della cella interna, solitamente riservata al culto del dio. Diverse le tesi attribuite alla natura di queste peculiarità: alcuni sostengono che il tempio rimase incompiuto a causa della battaglia con l’eterna rivale Selinunte, altri ancora ribadiscono la natura pagana del popolo elimo, avvalorando la teoria secondo cui questo fu eretto per motivi politici e propagandistici, per accaparrarsi il favore dell’allora poderosa e più che influente Atene. L'ANFITEATRO DI SEGESTA Appartiene, invece, alla seconda metà del II sec a.C., l’anfiteatro, altro gioiello sopravvissuto all’azione distruttrice del tempo. Esso presenta le forme del teatro greco, nonostante sia stato costruito in epoca romana, periodo in cui Segesta costituiva una delle più importanti province romane.
Dedicato al culto di Dioniso, complessivamente il teatro poteva accogliere circa 4000 spettatori. Il proscenio era probabilmente ornato da figure mitologiche legate al dio Pan, dio metà caprone e metà uomo, in epoca ellenistica compagno di Dioniso e protettore delle foreste. L’atmosfera del luogo in cui è immersa rende Segesta unica, eco di una realtà mitica e poetica come quella dell’antica città elima. Un rifugio dove il turista può viaggiare a ritroso lungo le vertigini della memoria, verso quel tempo in cui la Sicilia non esisteva neanche, allora era ancora solo e soltanto la Terra del Sole, spregiudicata nelle sue scelte, controversa nelle sue lotte, provocatoria nella sua superba bellezza.
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