La cucina di campagna
Vino, grano antico, verdure e legumi- Antonella Poma
- 24 settembre 2024
Nell’entroterra trapanese un tempo si viveva di un’economia basata sull’autoconsumo; le stagioni fornivano il cibo e la cucina ne assecondava il ritmo.
In queste aree, le più vicine al capoluogo sono le campagne di Buseto Palizzolo (ma percorrendo le strade che portano nel Belìce ci sono le campagne di Salemi, Vita, Santa Ninfa, Salaparuta e Poggioreale, in direzione di Palermo le campagne alcamesi), permangono ricette tradizionali, cereali integrali e antichi, legumi, verdure e frutta; si consuma poca carne rossa, pesce e pollame, riservati solo a pochi giorni della settimana, alla domenica o alla festa.
Gli animali vengono ancora allevati in casa: polli, galline ovaiole, conigli. Un tempo si allevava e macellava il maiale dal quale si otteneva un insaccato, la salsiccia pasqualora, chiamata così perché insaccata nel periodo di Pasqua. Quest’ultima specialità proprio di Buseto. Un impasto a base di carne, sale, pepe e semi di finocchietto che ancor oggi, finisce in tocchi nel sugo o arrostito sulla brace.
La pasta è fatta in casa (gnocculi e busiate), condita rigorosamente con pesto alla trapanese. La pasta ripiena per eccellenza è la cassatella di ricotta, accompagnata da brodo di carne o salsa di pomodoro, preparata in genere per le feste.
In campagna si raccolgono molte verdure spontanee come qualeddu, una specie di cavolo selvatico, finocchietto selvatico, gira, sinapa, cicoria selvatica. Sbollentate sprigionano odori intensi, vengono poi saltate in padella o condite con olio e limone, o usate in altre preparazioni tipiche: qualeddu e salsiccia; qualeddu fritto ca muddica, pasta con le sarde, polpette di finocchietto selvatico a stufato.
Immancabili le verdure: broccoli, cavolfiori, carciofi, zucche, zucchine e tennarumi (le foglie della zucchina serpente, detta cucuzza longa); si preparano a ghiotta (a zuppa), in brodo dove spesso finisce la pasta corta, oppure affucate, cioè cotte in umido, in genere con l’aggiunta di cipolla o aglio e pomodoro. Le verdure finiscono anche nelle frittate, di carciofi, di cipolle, di patate.
Il cous cous in queste zone diventa “cuscusu cu u brocculu” con cavolfiore e carne di maiale per l’indisponibilità del pesce. In campagna si consumano molto i legumi: le fave si preparano a cunigghio (fave bollite e condite). Il termine “cunigghiu”, (coniglio) perché a tavola, dopo averle bollite, si incideva la buccia con l’aiuto dei denti incisivi, e si estraeva rapidamente la fava proprio come fanno i conigli.
Macco di fave, fave ca menta altre ricette con le fave. Il primo è una crema realizzata con una cottura prolungata di fave secche, alle quali può essere aggiunta bietola, cicoria o finocchietto selvatico; le seconde sono fave bollite accompagnate con un pesto a base di aglio menta, pane raffermo e aceto.
Non mancano poi le ricette di recupero, soprattutto del pane: pane vino e zucchero, pane fritto cu l’ova, o le zuppe fredde per consumare il pane raffermo. ‘U limuni cunzato (un’insalata di limoni a cui veniva aggiunta dell’acqua) o l’agghia pistata (aglio pestato nel mortaio con pomodoro, basilico, olio e sale a cui veniva aggiunta acqua) nascono a questo scopo: ammollare il pane duro e riempire la pancia. Insomma, nelle zone rurali trapanesi permangono ancora oggi tracce dell’antica alimentazione dei nostri contadini, che poi altro non è che tipica dieta mediterranea, divenuta patrimonio dell’UNESCO, simbolo di vita lenta, di salute, invidiata e imitata in tutti i Paesi sviluppati.
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