Del mangiar trapanese
- Angelo Benivegna
- Fabio Pace
- 27 luglio 2013
Abbiamo voluto giocare con l’estetica. Nel senso più filosofico del termine. Estetica come conoscenza del bello, del valore artistico e di quello scientifico. Categorie che, lo affermiamo con un pizzico di presunzione ed altrettanta convinzione, riteniamo possano appartenerci: per la grazia muliebre delle nostre donne, per la sapiente chimica dei nostri cibi, per il valore architettonico e paesaggistico dei nostri luoghi.
Abbiamo cercato questa sintesi in un servizio fotografico che accompagni uno degli articoli di apertura del nostro giornale sul “mangiare trapanese” e abbiamo affidato alle immagini di un servizio fotografico questi concetti elementari. Si sa! Come dice un antico proverbio trapanese: «unni viri l’occhiu ‘un ci vole prova» (dove vede l’occhio non ci vuole prova, ndr).
Sintesi dell’empirismo secondo cui la conoscenza umana deriva dai sensi dall’esperienza. Noi proviamo a stuzzicare la vostra curiosità con questo servizio di “fashion food” (ci piace giocare con le parole!) realizzato da Piero Lazzari presso la Grotta Mangiapane di Scurati, nel comune di Custonaci. Le verdure, l’olio ed i cibi in foto sono stati acquistati al mercato (abbiamo mangiato melanzane per dieci giorni, prima di trovare quella del viola giusto). Per colmare il vuoto dei sapori che non possiamo restituirvi in foto vi consigliamo di andare a mangiare in una delle tante buone trattorie del nostro territorio sfogliando la nostra rivista.
Del mangiar trapanese
E poi, nel bel mezzo dell’estate trapanese, la magia si compie. Il pomodoro pizzutello ha raggiunto la maturazione perfetta, l’aria di ogni cucina è satura del profumo del basilico che stordisce, le mandorle “muddrisi” hanno perso il mallo ed aspettano solo di essere bacchiate e l’aglio rosso di Nubia, già da un paio di mesi intrecciato in lunghe trecce dalle mani sapienti delle donne, è adesso appeso in cucina, pronto a donarci i suoi aromi.
Aglio, mandorle, pomodoro e basilico sono gli ingredienti che più marcano la gastronomia trapanese nelle nostre lunghissime estati: insieme e con l’aggiunta di pane raffermo ed olio di frantoio compongono il Salamureci, una zuppa fredda che tanto sa di Andalusia; aglio, pomodoro e basilico sono gli ingredienti della “Sarsa”, il sugo per condire la pasta preferito dai trapanesi, e sono anche gli ingredienti del più semplice e popolare “Pani cunzato”; senza aglio pestato non è Cuscusu sostengono i trapanesi e senza aglio pestato non c’è l’Ammogghiu, una salsa fredda composta da aglio, pomodoro, olio, aceto ed origano con cui insaporire il pesce azzurro, ed anche il coniglio selvatico. Ma soprattutto, questo momento magico ci dice che è tempo di Pasta ccu l’agghia, il pesto trapanese.
L'immancabile Aglio
C’è chi dice che nelle vene dei trapanesi scorrano sale ed aglio, e magari è anche vero. Di certo per i trapanesi l’aglio non è mai stato un condimento, ma un alimento che entra in quasi tutti i piatti della nostra gastronomia, magari in piccolissime dosi come negli spaghetti coi ricci o con l’ovu di tunnu, o in dosi maggiori nelle polpette di sarde, di tonno, di cavolfiori, di carne, nelle frittelle di nunnata (bianchetti) o magari nei soffritti abbinato alla cipolla, ma l’aglio nella gastronomia trapanese c’è sempre. E non è affatto difficile vedere i contadini trapanesi arrostire qualche testa d’aglio da sgranocchiare come chiamavinu (richiamo per il vino), aspettando che sia pronto in tavola. Purché sia però l’aglio Rosso di Nubia. Scordatevi tutti i luoghi comuni sulla puzza dell’aglio, qui stiamo parlando d’altro.
L’aglio Rosso di Nubia, tanto amato dai trapanesi, profuma di fresco, di brezza marina, di scirocco... Ma perché questo dono prezioso, frutto della sapienza contadina dei trapanesi, ci doni tutti i suoi aromi ed il suo gusto esuberante è necessario pestarlo. Per questo non manca mai il mortaio nelle cucine trapanesi.
L'accumpagnamentu
Gustando un piatto di Pasta ccu l’agghia, gnocculi magari, non soltanto vivrete un’esperienza gustativa indimenticabile, ma vi immergerete nel mangiare alla trapanese, perché assieme al piatto di pasta vi arriverà sempre qualcos’altro: i trapanesi lo chiamano l’accumpagnamentu. Possono essere melanzane, zucchine, patate, peperoni, pesciolini di paranza, anelli di calamari, polpettine di carne, tocchetti di salsiccia e tanto altro ancora, uno solo di questi o tutti quanti, ma sempre rigorosamente fritti. Non pensate però all’accumpagnamentu come ad un contorno del piatto di Pasta ccu l’agghia, è qualcosa di più, ne è parte integrante.
È il mangiare alla trapanese.
Pasta ccu l'agghia
Ingredienti per quattro porzioni:
- 500 grammi di gnocculi cavati o busiate,
- 4 spicchi di aglio Rosso di Nubia,
- 100 grammi di mandorle pelate,
- 8 pomodori Pizzutello, molto basilico,
- 4 cucchiai di pecorino grattugiato,
- quattro cucchiai d’olio extravergine d’oliva,
- sale,
- pepe.
Preparazione:
Gnocculi cavati e busiate sono due paste fresche trapanesi. Gli ingredienti dell’impasto sono gli stessi per tutte e due i tipi di pasta: acqua, farina di grano duro, un pizzico di sale ed olio di gomito.
Per fare le busiate occorre preparare delle striscioline di pasta lunghe una decina di centimetri, tipo delle tagliatelle spesse, e poi arrotolarle attorno ad un ferro da calza sottile. Anticamente le striscioline di pasta si arrotolavano attorno alle buse, le infiorescenze secche di una pianta diffusissima sulle colline incolte, l’ampelodesma, da cui il nome busiata della pasta.
Per fare gli gnocculi si preparano dei cordoncini di pasta lunghi 6/7 centimetri che poi si incavano con quattro polpastrelli (da qui il nome di cavati con cui sono pure conosciuti) e poi si trascinano delicatamente sul tavoliere. Per “alleggerire” gli gnocculi si usa cavarli sul dorso di una grattugia dando così alla pasta anche un motivo decorativo in rilievo.
Mentre la vostra pasta fresca asciuga su un canovaccio, pestate l’aglio con due, tre foglie di basilico ed un pizzico di sale. Quando l’aglio sarà ridotto in poltiglia aggiungete le mandorle, poche alla volta, e continuate a pestare. Adesso che anche le mandorle sono ben pestate ed amalgamate all’aglio, passate tutto nella ciotola dove condirete la pasta. Sbucciate ora il pomodoro, privatelo dei semi e, facendo molta attenzione agli schizzi, pestatelo. Passate anche il pomodoro nella ciotola, aggiungete quattro cucchiai di pecorino (o primosale se preferite un gusto più delicato) grattugiato, una manciata di foglie di basilico spezzettate, una macinata di pepe nero ed amalgamate tutto con quattro cucchiai d’olio.
Lessate la pasta fresca e tenetela due minuti in pentola prima di scolarla, ed intanto diluite il pesto con qualche cucchiaio dell’acqua di cottura della pasta. Scolate la pasta, conditela nella ciotola col pesto, arricchitela con altro basilico, lucidatela con un filo d’olio e servitela con l’accumpagnamento di melanzane fritte, patate fritte, pesciolini fritti…
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