Campobello di Mazara
Campobello di Mazara è un borgo contadino. Gran parte del territorio di Campobello è vocato alla coltivazione della Nocellara del Belìce, la cultivar DOP più pregiata della Sicilia Occidentale, ottima come oliva da mensa carnosa e gustosa o per la spremitura del pregiatissimo EVO dal sapore intenso con sentori fruttati. Molti oliveti sono prospicienti la linea di costa, l’area più interna è dedicata al grano. Le varietà più diffuse, in una accorta attività di recupero dei grani antichi, sono il Tumminia e il Perciasacchi. Oggetti da lavoro e d’uso quotidiano sono custoditi nel Museo della Civiltà contadina presso il Baglio Florio.
All’interno attrezzi d’epoca testimoniano la vita contadina delle famiglie campobellesi tra la fine dell’800 e i primi del ‘900.
Le torri di avvistamento
Come in grandissima parte delle coste siciliane i paesi venivano “protetti” da un sistema di torri di avvistamento dalle quali si lanciavano con fuochi e sistemi ottici, gli allarme per segnalare l’arrivo dei corsari saraceni. La Torre Cusumano è la più antica: risale al XV secolo. Poi c’è la Torre Pavone, a base quadrata e dotata di finestre ad arco, aperture e feritoie, eretta tra il XVIII e il XIX secolo. La Torre di Tre Fontane, conosciuta come Torre dei Saraceni, fu costruita nel 1593 e fa parte del sistema camilliano (dal nome dell’ingegnere Camillo Camilliani che le progettò in serie le torri d’avvistamento).
Altre due torri, in buono stato di conservazione, sono nella frazione balneare di Torretta Granitola.
Il faro
Suggestivo il faro di Torretta, alto 38 metri, che dal 1862, illumina il tratto di costa campobellese con un intervallo di tre secondi ogni sette.
Il fascio luminoso è visibile dal mare fino ad una distanza di 23 miglia marine, vale a dire 42 chilometri.
Le cave di Cusa
Si identificano solitamente con il territorio di Castelvetrano poiché connesse storicamente e amministrativamente, per ciò che attiene la conservazione, al parco archeologico di Selinunte (unico il biglietto di visita).
In realtà l’intero sistema delle cave di pietra di calcarenite si estende per due chilometri lungo la costa di Campobello. Le cave furono impiegate per costruire i templi e le abitazioni selinuntine dal VI secolo a.C. almeno fino alla sconfitta dei greci da parte dei cartaginesi nel 409 a.C. Il lavoro nelle cave fu verosimilmente interrotto in quell’anno e al loro interno sono riconoscibili tutte le varie fasi di lavorazione: dalle prime profonde incisioni circolari, fino ai blocchi finiti che attendevano soltanto di essere trasportati via. Così scrisse il viaggiatore Johann Hermann Von Riedesel al tempo del grand tour: «A Campobello, si vedono le cave che hanno fornito questi massi giganteschi. Qui ci si può rendere conto di come gli antichi lavoravano: si vedono ancora capitelli e pezzi di colonne lavorate, metà fuori e metà dentro la roccia, così come si racconta di quelle egiziane da cui sono state ricavate le piramidi».
I dolci contadini
La gastronomia campobellese, oltre a nutrirsi delle attività agricole e degli allevamenti di ovini e caprini (ottima la carne locale e i salumi prodotti nelle macellerie campobellesi), si concentra sui dolci delle feste. È possibile acquistarli tutto l’anno ma nel passato Cassateddi, pasticciotti e chinu (ovvero “pieno” a indicare genericamente un biscotto ripieno di conserva), erano dolci natalizi. Questi biscotti secchi vengono riempiti di composte di fichi, mele cotogne, zuccata, impastati con miele e mandorle tritate, poi ricoperti da glassa e perline di zucchero colorato. L’altro dolce tipico delle mense di Campobello è il “campanaro”, preparato in occasione della Pasqua. L’impasto è simile a quello dei biscotti natalizi ma la foggia fa riferimento ai simboli di rinascita: colombe, campane, cestini, cuori e ghirlande, sormontate dall’uovo bollito tinto di rosso.
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