I Misteri di Trapani
Quattrocento anni di fede e tradizione- Giovanni Cammareri
- 25 luglio 2014
Trapani e i suoi Misteri. Che fanno del Venerdì Santo e per la città una giornata lunga, anzi lunghissima, tanto da prolungarsi fino a oltre mezzogiorno di Sabato Santo.
Trapani e i suoi Misteri, che poi sarebbero diciotto gruppi statuari in legno, tela e colla, seguiti dai simulacri del Cristo Morto e dell’Addolorata. Vengono portati in giro per la città per circa ventiquattro ore. Ventiquattro ore in cui si fa festa. Irriverente, se vogliamo, e d’altro canto logica, se lo preferiamo. Venti fercoli, venti bande musicali. In un vortice di colori, profumi e suoni la processione dei Misteri sciorina il suo copione da oltre quattrocento anni.
E la città respira perciò l’aria della festa; festa luttuosa, direbbe Sciascia. Venerdì Santo, l’attesa protrattasi per una intera Quaresima finisce lasciando spazio al forte senso di aggregazione, insito in fondo in ogni appuntamento del genere, dove il sacro e il profano mischiano le loro essenze. E la città le respira fino in fondo.
Probabilmente capita solo in questo giorno marchiato da un legame imprescindibile, una simbiosi inguaribile fatta di città e Misteri. Magia del Venerdì Santo.
Che dal 1602, forse 1603, ma praticamente fa poca differenza, mette insieme la sua gente. Gli attuali gruppi, di particolarissima fattura e lavorazione, vennero in realtà costruiti a partire dalla fine del 1600. La collezione, così come la conosciamo ai nostri giorni, venne completata nel 1782. Queste sculture continuarono a essere chiamate Misteri. Come nel Medioevo erano chiamate Misteri le sacre rappresentazioni figurate aventi nella Passione e Morte la loro tematica.
Un errore di ambientazione contribuì, paradossalmente, a dare unicità ai gruppi trapanesi.
Un magnifico anacronismo ambientò la tragedia del Golgota in una sorta di Medioevo spagnoleggiante. Basta guardare gli elmi dei soldati, i panneggi, i volti degli sgherri, spesso ritratti di gente del posto, mercanti di passaggio. Niente o pochissimo richiama l’epoca romana dei drammatici fatti.
È questa l’unicità di cui si parlava. Ma non solo. I gesti incompiuti dei personaggi vennero completati, in una forma di arricchimento, di “gara” fra le varie maestranze, da suppellettili in argento (aureole, pennacchi, corazze, spade etc.). Vengono posti alle statue soltanto per la processione. Alle quattordici in punto il portone della chiesa del Purgatorio si schiude e l’incanto di una intera giornata ricomincia.
In quell’afflato secolare c’è chi continua a riconoscere chi, sopra quelle vare, sia il buono o il cattivo, l’aguzzino spietato il santo. E taluni di quei personaggi ha perfino un nome, un soprannome, una “ingiuria”, una vera familiarità con i trapanesi, ecco. A un tiro di schioppo dalla Cattedrale il lungo serpentone si compone e avvia la sua interminabile marcia. Mentre i Misteri incedono con la caratteristica andatura ondeggiante chiamata “annacata”, impressa dai portatori seguendo il ritmo delle marce frattanto eseguite.
Percorrono così le vie della città antica e pure di quella nuova in un contesto magari poco adeguato al fascino di queste sculture. Occorre dirlo, solo le vecchie strade del centro storico regalano un legame storico-tradizionale-estetico pressoché perfetto.
Il trionfo degli Argenti
È davvero un trionfo Barocco. Che lo sfarzo dell’argenteria siciliana del XVIII secolo contribuì ad accrescere.
Tra il 1612 e il 1782, ciascun gruppo dei Misteri venne affidato a una maestranza cittadina. La forte rivalità tra esse alimentò lo spirito di emulazione, col risultato che la processione si arricchì, aumentandone lo sfarzo. I gesti incompiuti dei personaggi vennero completati da oggetti in argento, veri capolavori dell’oreficeria e del cesello siciliano.
Fra gli innumerevoli pezzi si segnala: la balaustra dell’Ecce Homo, il cosiddetto “balcone d’argento”, magnifico e appariscente; più antica (1751) la croce posta sulle spalle del Cristo dell’Ascesa al Calvario. Pregevole l’argenteria del ceto dei Sarti (Deposizione della Croce), dei Naviganti (La caduta al Cedron).
Gli ornamenti (aureole, pennacchi, spade, catene…) vengono utilizzati soltanto per la processione, conferendo, rispetto ai rimanenti giorni dell’anno, una fisionomia diversa alle sculture.
I Misteri vengono “vestiti”, come il gergo popolare impone dire. Finita la processione, “spogliati”. Il Giovedì Santo, giorno di vigilia, questi pezzi perfettamente lucidati riemergono, evocando la tacita gara che li ha prodotti, per la vestizione. È il momento di proporre, ciascuno al meglio, il proprio “mistero”. La chiesa del Purgatorio si trasforma in un cantiere nel quale i fioristi dispongono sulle “vare” le diverse composizioni di fiori.
Ciò risponde pienamente allo spirito degli affidamenti da parte della Confraternita del Preziosissimo Sangue, fusasi nel 1646 con la Compagnia di S. Michele. Beninteso che detti consuli se lo possano abelliri a loro voluntate et piacere. È la formula ripetuta nei vari atti di concessione della quale gli eredi delle antiche maestranze non si sono mai scordati. Perché nel giorno della processione, ciascuna categoria crederà che il proprio “mistero” sia il più bello, i propri portatori i più bravi, le note della propria banda le più armoniose.
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