Resilienza gastronomica
A Trapani, La ricchezza di una terra di passaggio- Laura Di Trapani
- 1 agosto 2011
Una doppia anima, una di terra, l’altra di mare. Una doppia identità, povera da un lato, ricca e sfarzosa dall’altro. Non è possibile far riferimento ad un volto della cucina trapanese senza citarne l’altro. Così come non è possibile considerarne gli antichi piatti se non come frutto delle millenarie esperienze di una terra di passaggio.
Una città gastronomicamente “stravagante,” vien da pensare di primo acchìtto, che propone trionfi barocchi di piatti sontuosi e zuppe e minestre povere accompagnate dal cacio e poco altro. Stravagante ed originale, soprattutto, perché ha eletto come piatto tipico per eccellenza il couscous in brodo di pesce. Un piatto certamente più maghrebino che siciliano.
Trapani merita il viaggio anche solo per la sua cucina. Lo sapevano bene i popoli che l’hanno abitata e plasmata attraverso le pietanze tipiche oggi giunte a noi. Genti diverse che guerreggiarono certamente più a suon di pentole e tegami che con le spade. Perché basta il semplice profumo che fuoriesce da una pentola a dare l’idea di una presenza, di una cultura nuova, diversa, che magari fu nemica in tempi di guerra.
Proprio la posizione geografica e le dominazioni che si sono susseguite nel corso dei secoli hanno reso Trapani un luogo di eccellenza gastronomica ed i trapanesi sapienti artefici di una gastronomia variegata. Il ricco e il povero si sono sempre seduti a tavola con la stessa dignità, perché la loro vera fortuna è sempre stata quella di lavorare una terra florida in un clima mite. Il mare, poi ha sempre riempito le reti e le barche di pesci, anche pregiati, e non ha mai lasciato a bocca asciutta nessuno: né il povero, tanto meno il ricco.
Le dominazioni... nel piatto
Per primi i Greci nell’VIII sec. A.C. avviarono la coltivazione dell’ulivo, sia per l’olio, sia per olive da mensa, ma anche della vite (Trapani è la provincia più vitata d’Europa). Sempre i greci portarono da queste parti aglio, capperi e tante erbe aromatiche.
Mentre i Fenici, storicamente abili pescatori, diffusero gustosissime ricette di pesce, e inventarono la tecnica di estrazione del sale per evaporazione attraverso le vasche, sistema adoperato ancora oggi.
I Romani diedero un forte impulso all’organizzazione del lavoro. Trapani divenne un grande porto ed ebbe floridi commerci in tutto il Mediterraneo.
Nell’800 d.C. venne il turno degli Arabi, che resero floride queste campagne di ogni alimento, arance, fichi d’india e arricchirono le tavole di splendidi dolci come la cubbaita (torrone di mandorle) o le sfinci, le frittelle dolci aromatizzate alla cannella.
Interessante, con l’avvento dei Normanni intorno all’anno 1000, la nascita della cucina contadina, fatta ancora oggi di erbe spontanee, come la gira, il cualeddro, ma anche di frittate e di bestiame. Proprio l’entroterra trapanese è rimasto maggiormente legato a queste tradizioni data la lontananza dal mare.
Seguirono poi gli Angioini, gli stessi francesi delle lunghe preparazioni, delle salse complesse e delle besciamelle, soppiantati poi dagli Aragonesi ed infine dai Borboni. Questi ultimi, di origine spagnola diedero un grosso contributo alla cucina trapanese, non solo perché portavano nuove sementi dalle Americhe (pomodoro, peperone e patate) ma anche perché con alcuni ingredienti stravolsero definitivamente i gusti imprimendoli nelle papille gustative e nella storia. Se pensiamo all’aglio, il principe del pesto alla trapanese (con olio, pomodoro, basilico) o alle basi di pasticceria come il Pan di Spagna, il gioco è fatto.
Alla diversità contribuirono poi gli intensi scambi commerciali della città, da sempre crocevia di popoli.
Trapani ha sempre vissuto di tre elementi che la sua posizione geografica ha contribuito a sviluppare soprattutto tra il 1700 ed il 1800: il sale, il tonno ed il vino Marsala. I primi due sono strettamente legati poiché col sale si conservavano tutti i prodotti delle vicine tonnare. Le più floride sono sempre state Favignana, Bonagia e Formica, dove sono nati i prelibati derivati del tonno come l’uovo di tonno, il salame di tonno e la ficazza.
Trapani ha dunque fatto suo il motto “la diversità è ricchezza”. Nei secoli ha anche dato esempio di straordinaria tolleranza e di apertura culturale; la sua gastronomia ne è testimone ancora oggi.
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