Le Cave di Cusa e il Castello Grifeo
I secoli scorrono sulla pietra- Stefania Martinez
- 9 marzo 2023
Vicini geograficamente, lontani nello scorrere dei secoli e della storia, hanno in comune il fascino di essere luoghi sospesi nel tempo. Sono il Castello Grifeo di Partanna e le Cave di Cusa, siti entrambi visitabili con lo stesso biglietto del Parco Archeologico di Selinunte, l’attrattiva archeologica principale dell’aerea belicina.
Castello Grifeo
Muovendosi verso l’interno della Valle del Belìce alle pendici di una collina, su cui poi si è sviluppata la città di Partanna, sorge il Castello Grifeo oggi Museo Regionale di Preistoria del Belice.
È uno dei più bei castelli della Sicilia e anche tra i meglio conservati, grazie agli attenti e corposi restauri.
Il maniero risale all’epoca in cui il Gran Conte Ruggero il Normanno conquistò Partanna e pose fine al dominio musulmano e nel 1091 divenne residenza della famiglia Grifeo. Nove secoli di storia durante i quali è stato ampliato ed arricchito.
Una fortezza con pianta rettangolare a corpo triplo e un cortile interno; tetto a falde con travi lignee e tegole; murature in conci di tufo, in pietra e pavimenti in ceramica e terracotta.
Le mura sono spesse e l’edificio è caratterizzato da torri e merlature alcune di tipo “guelfo”, non troppo sviluppate in altezza.
Talmente imponente e solida la costruzione che il castello ha resistito al devastante terremoto del 1968 che colpì la Valle del Belìce.
Nella “Sala del Trono”, è possibile ammirare lo stemma dei Grifeo, opera dello scultore e medaglista Francesco Laurana
La “Cella della Monaca” è invece uno sportello che si apre in una stanza, all’interno della quale, narra la leggenda, sarebbe vissuta in eremitaggio una religiosa, i cui resti non furono mai trovati.
All'interno del salone, detto anche “sala delle armi”, si può ammirare il bellissimo affresco del 1777, raffigurante il Gran Conte Ruggero su un cavallo bianco e alle sue spalle Giovanni Grifeo mentre che imbraccia uno scudo.
La Cave di Cusa
Le Cave di Cusa, sono a circa 11 Km a Nord-Est del Parco di Selinunte, nel territorio di Campobello di Mazara. Proprio da quella cava veniva estratto il materiale per la costruzione dei templi della città selinuntina.
La guerra tra Selinunte e Cartagine fu improvvisa e anche il conseguente abbandono della cava dovette essere altrettanto repentino. Dall’analisi dei resti e dei luoghi gli archeologi hanno ipotizzato che vi lavorassero ogni giorno circa 150 persone.
Un’attività che doveva essere centrale nell’economia dell’antica Selinus. Molti dei blocchi sono rimasti scavati a metà e recano ancora i segni del lavoro degli uomini. Si tratta di grandi massi di forma cilindrica sparsi sul terreno, alcuni pronti per il trasporto e altri predisposti per essere estratti.
I blocchi infatti venivano lavorati direttamente dalla roccia e la tecnica di estrazione era faticosa e difficile; poi staccati e trascinati tramite argani o fatti scivolare su piani inclinati e trasportati fino a Selinunte attraverso una pista larga e rocciosa.
Nelle Cave di Cusa, che meritano di essere visitate per la loro peculiarità, è possibile ammirare anche qualche capitello appena abbozzato e le gigantesche colonne destinate, data la grandezza dei blocchi estratti, quasi sicuramente al Tempio G che secondo gli archeologi rimase incompiuto a causa degli eventi bellici che precipitarono Selinunte nel declino.
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