Le cave di Favignana: passeggiando per cave e cunicoli
- Paola Corso
- 14 maggio 2021
Per secoli dalle Cave di Favignana è stata estratta la calcarenite, pietra porosa apprezzata in edilizia per la grana fine ma compatta e il color bianco lunare dovuto al calcio che, col tempo, si ossida assumendo, soprattutto al tramonto, sfumature dal biondo ocra al bronzo. Nel passato i cavatori lavoravano a cottimo: prendevano in appalto un terreno, scavavano la pietra e venivano pagati in base ai blocchi (conci) squadrati realizzati.
Un lavoro faticoso e di grande abilità nella selezione, dato che colpendo i conci con un ferro si doveva capire, a seconda del rumore più o meno armonico, se fossero lesionati o no all’interno.
Le cave di Favignana
La prima macchina elettrica fu introdotta nel 1949, così per lungo tempo i cavatori, con pochi attrezzi e duro lavoro, come talpe giungevano nel ventre dell’isola e poi, forti nel fisico e nel carattere, portavano i blocchi fuori dalla cava; da lì i trasportatori con i carri giungevano al mare per caricarli sugli “schifazzi” (barche).
Questa secolare opera di scavo ha conferito a Favignana un aspetto misterioso e tormentato con cave simili a “cattedrali”; un patrimonio d’inestimabile valore storico, dove il visitatore spazia con la fantasia e l’immaginazione.
La zona nord-orientale presenta diverse cave, con grotte, sprofondamenti ed erosioni, in un groviglio di gallerie sorrette da grandi pilasti con volte rocciose. Percorsi che si snodano per centinaia di metri e arrivano fino al cuore della terra, ma che in realtà partono dal mare, dato che da lì si cominciava ad attaccare la roccia, così sulla costa ritroviamo scogli-sculture, percorsi e vasche naturali, segnati dalla rigida geometria del taglio. Cala Rossa è un intrico di cunicoli in cui i cavatori, manovali, carrettieri lavoravano quasi al buio.
Intere generazioni sono passate per questa roccia, specialmente quando la famiglia Florio diede impulso all’uso di questa pietra utilizzandola nel loro palazzo a Favignana, a Villa Igea a Palermo e nella ricostruzione di Messina dopo il terremoto del 1908.
I Giardini Ipogei
Oggi gran parte delle cave sono chiuse. Alcune sfruttando un habitat ideale, scaldato dal sole e riparato dal vento, sono divenute Giardini Ipogei dove crescono rigogliose piante mediterranee. Passeggiando tra Cala Rossa, Bue Marino, Punta Fanfalo e Lido Burrone, questi luoghi regalano visioni vive e colorate, arricchite dai profumi caratteristici di questa terra. Un riutilizzo originale che sorprende e incanta.
Non chiamatelo “tufo”
Il legame tra i Favignanesi e la calcarenite è quasi sacro, tanto che a questa pietra in passato sono state attribuite proprietà miracolose e per loro è offensivo chiamarla tufo.
La ritroviamo nei muri e nelle decorazioni, spesso con inclusioni di conchiglie che la rendono ancora più poetica, specie nelle opere degli abili artisti locali che hanno seguito le orme di “U zu Sarino” (Rosario Santamaria il vero nome) scultore autodidatta scomparso nel 1992, che da giovane lavorò nelle cave e che fece del porto il suo laboratorio e galleria d’arte ed è ricordato ancora come uno dei personaggi più caratteristici di Favignana.
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