Trapani e il cibo di strada
- Manuela Laiacona
- 4 luglio 2011
La tradizione culinaria trapanese si può gustare comodamente seduti al ristorante, ma per assaggiare la cucina vera, quella autentica, è necessario andare per strada. Per farlo basta intraprendere un viaggio che vede come tappe privilegiate mercati, marciapiedi, bar e come esperienza del gusto il cibo di strada, appunto.
Si tratta di specialità dal retaggio antico, testimonianze di cucina povera cui è affidata la memoria culturale della comunità. Da assaporare rigorosamente sul posto, in piedi e con le mani, al bancone del bar o per la strada che diventano esclusivi palcoscenici per il rituale di consumo alimentare più popolare. L’origine di questa usanza, diffusa anche in altre parti della Sicilia, è principalmente araba anche se in alcune tipologie di pietanze, che prevedono la preparazione di impasti di pane, si riscontra una matrice greca.
Le varianti dolci e salate di cui si compone il cibo di strada sono davvero tante e ogni bar o ambulante le propone in modo personalizzato.
Vere e proprie icone sono le arancine, supplì fritti di riso con un cuore di condimento alla carne, nate durante la dominazione araba come variante “a sacco” del timballo di riso portato dagli emiri durante le battute di caccia.
Amato dai trapanesi e proposto da tutti i panifici è il pane “cunzatu” (parola dialettale siciliana che sta per condito) farcito di pomodoro, pecorino, acciughe e origano.
Un must sono poi le panelle, impasto sottile fritto di farina di ceci, ricetta antichissima di chiara contaminazione turca e indiana.
Regina del cibo di strada, nei giorni di calura estiva, è però la granita, disponibile in svariati gusti tra cui spicca la mandorla, specialità tipica della zona. Tesoro gastronomico ereditato dagli arabi, oggi dolcissimo sollievo da gustare accompagnato con la brioche (tipico pane dolce soffice).
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