Le grotte da San Vito a Castelluzzo
Percepire l'eco della natura nelle viscere oscure delle grotte- Martina Palermo
- 23 febbraio 2023
Scendere nei meandri della terra, scrutare le viscere oscure delle grotte, percepire l’eco della natura che racconta, nel suo estatico silenzio, le storie di uomini, ciclopi e titani, abitanti di un mondo sotterraneo in cui l’erba cede il passo alla roccia.
Addentrarsi in una grotta corrisponde alla ricerca metaforica di un’intima unione con una realtà che alberga al di fuori delle forme ordinarie di conoscenza e di esperienza.
È un atto voluto (nessuno si addentra in una grotta per caso!), è la dirompente voglia di conoscere l’universo degli ambienti sotterranei del pianeta.
A questa metaforica “chiamata” rispondono escursionisti desiderosi di percorrere i sentieri di San Vito lo Capo e Castelluzzo, districati in una fitta rete di itinerari.
Da Scopello risalendo verso il Capo San Vito, la prima cavità da menzionare è la Grotta dell’Uzzo, nella Riserva dello Zingaro. Questo complesso speleologico è tra i più importanti siti preistorici della Sicilia. La comunità che occupava la grotta era costituita, secondo la ricostruzione, da un gruppo di cacciatori-raccoglitori che vivevano nella zona fin dall’età del Primo Mesolitico.
A circa 2,5 km dal centro abitato di San Vito Lo Capo c’è la grotta dei Cavalli, la più vasta cavità del territorio. L’ingresso, lambito da un ampio costone roccioso, è largo ed alto una decina di metri. L’ampia galleria interna è lunga una cinquantina di metri. Il suolo è ricoperto da terra rossa. Le pareti della grotta sfoggiano un complesso iconografico e pittorico.Si tratta di due principali gruppi di raffigurazioni: il primo, comprende figure ellittiche, circolari e sinusoidale. Il secondo racchiude figure di vago aspetto antropomorfo: tra queste compare anche quella di un arciere che insegue una creatura zoomorfa, non meglio identificata. Al suo interno vi si registra un curioso fenomeno di archeoastronomia. Nei giorni del solstizio d’estate, intorno al 21 giugno, il sole rosso (poco prima di tramontare) s’infiltra nella caverna facendo risplendere le pareti di fondo di un suggestivo color granata. Questo fenomeno, scoperto dall’archeologo Alberto Scuderi, doveva rivestire per le antiche popolazioni un significato religioso e propiziatorio.
Salendo verso Nord, oltrepassato il Vallone Acci, si apre la Grotta Mastro Peppe Siino, in essa si stabilirono comunità di cacciatori, attratti dall’ingente quantità di animali da cacciare e, durante il recente periodo bellico, fu rifugio per sfollati e viandanti.
Tra i settori destinati agli arrampicatori di livello medio non può non essere citata la falesia di Portella delle Vacche, in contrada Makari, collocata tra il settore denominato “Bunker” e il “Campeggio El Bahira”, costellata da incisioni lineari che scandiscono la presenza umana nell’area speleologica.
L’estrema fascia della Penisola di San Vito lo Capo, la Piana di Sopra, ha invece una forte concentrazione di cavità di origine marina: quattro cavità per chilometro.
Altre decine di grotte sono sparse nel territorio provinciale. Sono quasi tutte carsiche, di non facile accesso, ci si entra strisciando: è necessario essere attrezzati e accompagnati da esperte guide speleologiche.
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